Gennargentu tradotto dal sardo all’italiano “porta del vento”.

Massiccio più importante della Sardegna è situato principalmente nella provincia di Nuoro. Comprende vari territori come Ogliastra, Barbagia e sud Sardegna.

Millenaria formazione rocciosa caratterizzata da montagne basse, rotondeggianti la cui forma, appunto, sembra, essere stata plasmata dal vento. 

Anticamente  Perdas Carpìas, ovvero “pietre spaccate” a causa della friabilità del suo terreno, la vetta più alta del massiccio sardo porta il nome del generale e scienziato Alberto Ferrero della Marmora.

Il territorio attorno Punta la Marmora è suddiviso tra quattro comuni: Villagrande e Villanova Strisaili, Arzana, Desulo e Fonni.

In questo luogo incontaminato, la natura inviolata, crea un’ecosistema perfetto, popolato da animali selvatici come mufloni, cinghiali, aquile reali.

 

Muflone Gennargentu

Muflone

 

Sorgenti perenni e piscine di acqua purissima creano inoltre l’ambiente ideale per vari tipi di piante come l’elicriso, l’asfodelo, il corbezzolo ed il timo selvatico. 

Ginepri secolari fanno da cornice a panorami mozzafiato. Alberi che negli anni hanno subito l’aggressione del vento, piegandosi, senza mai rompersi.

 

Questi ginepri, forgiati in modo così aggraziato, sono ciò che rappresentano più fedelmente, nella mia mente, il  popolo sardo.

 

Ogliastra non solo mare

 

Anche il microclima del Gennargentu ci racconta quanto siano abusati i luoghi comuni per cui, la Sardegna, in particolare l’Ogliastra, sia bella solo per le sue paradisiache spiagge.

In estate offre luoghi isolati nei quali trovare rifugio dalla calura della marina, immersi nella natura, dove disintossicarsi e vivere appieno esperienze totalmente rigeneranti. 

In inverno regala paesaggi da alta montagna, grazie alla neve che sovente, ne ricopre le alture. A Fonni è presente un impianto di risalita.

 

Gennargentu

Punta La Marmora

Gennargentu: testimone silenzioso di storie, racconti e leggende.

Qui hanno vissuto generazioni di pastori e servi pastori che sognavano, un giorno, di possedere un proprio gregge.

Le roccie parla di lavoro duro, di isolamento, di amori lasciati in paese, di sogni e disillusioni.

Domus de Janas abitate da fate, ovili abbandonati, anfratti e nascondigli dove hanno trovato rifugio uomini innocenti giudicati banditi o viceversa. 

Ogni sentiero racconta un pezzo della vita di qualcuno. Camminando in questi luoghi immersi nel silenzio, mi sorprendo spesso a fantasticare su chi potrebbe aver preceduto i miei passi. Mi immagino storie, incipit di romanzi che raccolgo nella mia testa.

Un ragazzo vestito di velluto e d’orbace seguito dalle sue pecore, una coppia di giovani amanti alla ricerca di un angolo d’infinito oppure la moglie di un ricercato, vestita con l’abito sardo, con in testa un cestino ricolmo di provviste da recapitare al fuggiasco.

 

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