Orgosolo accogliente

 

Orgosolo Barbagia

Orgosolo Barbagia

Paese al centro della Barbagia, per me, il suo cuore pulsante.

Un museo a cielo aperto grazie ai murales che raccontano un’importante spaccato di Sardegna.

Gli orgolesi sono una comunità unita. Una realtà all’apparenza chiusa ma, se capita nel suo animo profondo, risulta invece molto inclusiva.

Una dimensione difficile da incontrare in questo tempo improntato sull’individualismo.

 

Sa fill’e anima orgolesa

 

Fill’e anima ovvero “figlio dell’anima” in sardo, indica il legame profondo, non di sangue, che si instaura tra un giovane ed un adulto non necessariamente appartenenti alla stessa rete familiare.

Tutto è iniziato quando ho conosciuto Tora, titolare della pasticceria artigianale Disizzos de Orgosolo.

La famiglia di Tora mi ha fin da subito accettato come parte di loro.  Il nostro primo incontro è stato nell’estate del 2019.

Fui invitata per la processione di San Giovanni ed ho fotografato Anania mentre indossava, per la prima volta,  l’abito tradizionale.

Ho trascorso ad Orgosolo il giorno di ferragosto della stessa estate, per vedere la magnifica processione dell’Assunta che ogni anno si snoda per le vie del paese barbaricino.

Con il tempo mi sono inserita nel contesto sociale del paese, senza fare troppa fatica. Ho imparato la lingua, una delle varianti di sardo (a detta di molti sardi) tra le più difficili da apprendere.

Orgososlo Anania

Zia Rita e Anania vestita con abito tradizionale

 

Zia Rita è la figura matriarcale della famiglia. Madre di sei figli è rimasta vedova alla  stessa età in cui, anche io, ho perso mio marito (42 anni). Abbiamo fin da subito instaurato un rapporto forte, stabile, di affetto reciproco e di rispetto.

La sua giornata è scandita dall’accudire i bis nipoti, preparare da mangiare ai figli, dalla preghiera. Spesso le comari le fanno visita. Trascorrono insieme il tempo, ricordando il passato di Orgosolo. Racconti che mi affascinano sempre.

Zia Rita mi ha insegnato a cucire “sa fardetta” ; la gonna che le anziane donne barbaricine indossano ancora. Me ne ha regalata una, della sua gioventù. Ero così commossa.

Quel gesto ha significato per me un passaggio di testimone. Un pezzo della sua vita affidato alle mie mani, un pezzo di storia di Orgosolo che adesso appartiene a me.

 

Nel corso degli anni, dal 2019 in poi, il rapporto con la mia famiglia orgolesa è cresciuto, si è consolidato.

Abituata al loro affetto spontaneo, al mio rientro a Sesto Fiorentino (ogni volta), diventava sempre più difficile adattarmi di nuovo all’indifferenza dei continentali.

La benevolenza, l’amicizia, l’attaccamento della gente è il dono più grande che Orgosolo mi ha fatto.

autunno in barbagia

Autunno in Barbagia 2019

Mi sono sempre sentita parte di una comunità pur non vivendo in paese e frequentandolo sporadicamente.

Per anni ho aiutato Tora durante la manifestazione Autunno in Barbagia. Per l’occasione, una volta, mi sono vestita con l’abito sardo e “su muccadori” , il tipico copricapo.

Sebastiano, il fratello, mi ha insegnato a fare la ricotta.

Ricordo che, durante la preparazione, molte persone realizzarono video mentre giravo il mestolo nel pentolone.

Era buffo vedere le loro facce stupite una volta che aprivo bocca per parlare: “ma tu non sei sarda!”; “no” rispondevo ” sono stata adottata dalla Sardegna, sono la sua fill’e anima”.

 

Fill’e anima di Zia Rita

 

Sono la fill’e anima di Zia Rita. Mi confido, le racconto della mia vita e lei mi consiglia “come se fossi tua madre” dice sempre.

Forse però, rovistando nel cassetto de ricordi, il più bello ma struggente, è quello che ho vissuto con lei per la ricorrenza della morte di mio marito Silvano, nell’anno del covid 19; il 7 gennaio 2020.

Zia Rita aveva chiesto a Don Salvatore, prete di Orune, di celebrare in suo suffragio.

Ci siamo svegliate molto presto, la messa era prevista per le 7 del mattino. Camminando verso la chiesa, l’una accanto all’altra, ho ammirato stupita come una bambina il risveglio del paese.

Il sole risorto da poco, i murales che prendevano piano piano colore dopo il buio della notte, l’aria frizzante sul volto, la testa di Zia Rita coperta da un bellissimo scialle nero di Oliena.

Avverto ancora la potenza della sua vicinanza costante e silenziosa, in quel momento così amaro, come se mi stesse tenendo saldamente per mano dicendomi “non essere triste io sono qui con te”.

La chiesa era gremita, nonostante l’ora, di tante signore dal capo coperto da scialli neri come la pece.

Insieme abbiamo pregato per l’anima di Silvano. Non dimenticherò mai quei momenti.

 

 

Gli anni (oramai) trascorsi ad Orgosolo, in compagnia di persone che per me sono famiglia, hanno fatto indiscutibilmente la differenza nella mia vita sconvolta dal cancro.

La  solidarietà, il loro modo di accoglierti senza se e senza ma (se riesci a capire i sardi nel profondo), l’affetto incondizionato.

Queste, in verità, sono le cose preziose della vita, il vero bene che ognuno di noi dovrebbe inseguire per trovare la pace interiore.

In copertina immagine: abito tradizionale opera de Le amiche di Freya  

 

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