Zia Aurelia è la stata la prima “ziedda” sarda che ho conosciuto.
Zio, zia o ziedda non sono termini utilizzati per caso, indicano una persona (soprattutto anziana) degna di profondo rispetto.
In principio, quando ancora non ero a conoscenza delle usanze ogliastrine, sarde in generale, credevo fossero tutti parenti!
Poi ho compreso, ed ho iniziato a chiamare così i miei nonni adottivi.
Era il 2015, mi trovavo in Ogliastra per un viaggio stampa. Allora collaboravo con la testata giornalistica Travel Fanpage.
Ero in compagnia di alcuni blogger, i responsabili GAL Ogliastra (persone diventate care amiche) e di un’autista che ci ha regalato momenti di incredibili risate, Tonino.
Eravamo ad Ulassai, un piccolo paese nell’entroterra, arroccato sulle montagne imponenti, il paese di Maria Lai.
Paesaggi mozzafiato, piccole strade con edifici in pietra, angoli da scoprire, opere d’arte a cielo aperto da ammirare. Per gli amanti del climbing, cime imponenti da conquistare.
Ho sempre avuto la passione di fotografare gli anziani; non solo per quello che i loro sguardi narrano, ma soprattutto per quello che, conoscendoli, raccontano.
L’incontro e l’amicizia con Zia Aurelia: una storia da raccontare.
Lei seduta, davanti alla sua abitazione, sopra un muretto di pietre, vestita con l’abito nero. La circondammo, iniziammo a farle domande alle quali rispondeva in ulassese. La fotografavo nonostante lei mi dicesse scherzosamente che non volesse, perché era vecchia.
Le chiesi quanti anni avesse, una giovane novantunenne ogliastrina dalla pelle liscia come una rosa.
Mi innamorai subito di Zia Aurelia. Non seppi resistere, le scattai una foto in bianco e nero che non rinunciai a pubblicare sui miei profili social.
Nel 2018, quando ho iniziato a “frequentare” l’Ogliastra, per un caso fortuito, seppi che Aurelia era viva.
Alla mia richiesta di poterla incontrare di nuovo, lei mi mandò a dire che potevo andare a trovarla.
Ero emozionantissima, dopo tre anni lei, si ricordava ancora di me, mi chiamava Ilaria “sa” giornalista.
Fu divertente incontrarla. A zia Aurelia davo sempre del lei o del voi: rispetto.
Mi “rimproverò” bonariamente: la foto in bianco e nero che le avevo scattato, era finita su giornali, telegiornali regionali, persino in approfondimenti televisivi sulla longevità degli ogliastrini.
Mi disse che ero stata monella a mandarla sui giornali. L’abbracciai forte.
Negli anni, ci siamo sempre viste con cadenza abbastanza regolare. Persino durante il covid, nonostante la cura che i suoi figli e nipoti avessero di lei, di non farle incontrare gente per timore di farla ammalare, sono stata una delle poche persone a cui hanno permesso di incontrarla.
Le ore passate con Zia Aurelia erano sempre una continua scoperta
Mi raccontava della gioventù, quando non aveva niente ed era costretta a girare in paese a piedi nudi. Di quando Maria Lai le fece un ritratto all’uscita di scuola, perchè la colpirono il suo volto e le sue lunghe trecce nere.
Di quando, a San Giovanni Battista, il 24 giugno, le ragazze (per diventare comari) facevano il rito dell’amicizia dei fiori.
Mi faceva vedere le foto di famiglia, del marito, dei figli, dei nipoti chiuse in una scatola di carta, con all’interno anche un santino di Sant’Ignazio da Laconi e la cartolina che una volta le mandai da New York.
Ogni volta che apriva quello scrigno magico era fiera di farmi vedere la foto del ponte di Brooklyn che aveva attraversato il mare. Quello era tutto il suo mondo.
Grazie a lei ho imparato l’ogliastrino, o meglio, l’ulassese. Si scusava dicendomi “mi dispiace ma non parlo bene l’italiano“. Sorridevo e le dicevo che non c’era nessun problema, che a me faceva piacere imparare la lingua.
Era una donna piccola, sempre vestita in abito sardo, con i capelli d’argento raccolti in una crocchia coperti dal fazzoletto e la pelle di rosa.
Quando le chiedevo il suo segreto di bellezza mi diceva che, per lavarsi il volto, aveva sempre usato il sapone sardo ovvero il sole da bucato.
Non portava occhiali ed era capace di infilare il filo da cucire nella cruna di un ago.
Quando era molto tempo che non avevo notizie, la chiamavo al telefono sapendo benissimo che non mi avrebbe comunque sentito, era un pò sorda.
Rispondeva dicendo molte volte pronto, poi arresa chiudeva il telefono. Non importava se non avevamo avuto una conversazione. Mi aveva risposto, quindi era viva.
Per me è stato un’onore conoscerla; è stato, purtroppo, perché Zia Aurelia è scomparsa il 23 marzo del 2023 all’età di 97 anni.
Ogni volta che vado ad Ulassai penso sempre a lei, mi manca molto ma il tesoro di ricordi che, con lei ho accumulato, nessuno mai me lo potrà togliere.